martedì 3 gennaio 2012

Il mistero della produttività del lavoro in Italia

Buongiorno a tutti e Buon Anno! :-)

Con incredibile solerzia, mi metto ad aggiornare il blog già al terzo giorno del 2012 ed a pochissimo dall'ultimo articolo: speriamo che sia solo l'inizio di una ritrovata regolarità...


Ciò che mi ha spinto ad interrompere le faccende domestiche in cui sono impegnato è la vista di un grafico riportato dal Corriere della Sera, a proposito della produttività oraria italiana.




Il problema della produttività mi ha sempre sorpreso, perché finora non sono mai riuscito a darmene una ragione, sia utilizzando le conoscenze universitarie, sia sfruttando le teorie della Scuola Austriaca di Economia (di cui sono un modesto seguace), sia, infine, aguzzando l'ingegno ed il buon senso: oggi, però, ho forse trovato una possibile risposta.

Normalmente, per produttività oraria, si intende il seguente rapporto:

( Fatturato annuo / N° addetti ) / N° ore lavorate

Abbiamo quindi tre variabili in gioco:
  1. i ricavi aziendali;
  2. la forza lavoro;
  3. il periodo di funzionamento della fabbrica (o dell'ufficio).
Di queste, l'ultima è la meno variabile, perché decisa in base ai CCNL, che possono essere "derogati" solo tramite la cassa integrazione o con altre forme straordinarie di sospensione del lavoro: è pur vero che, in questi ultimi anni, la cassa integrazione è molto aumentata, però, paradossalmente, dovrebbe aver avuto l'effetto di aumentare la produttività (meno ore lavorate per un fatturato costante o in leggera discese aumentano i ricavi orari per addetto), quindi lascerò perdere questo fattore, concentrandomi sugli altri due.

La forza lavoro non è un mistero che sia un elemento altamente compresso in Italia: l'elevata imposizione fiscale (con quella mostruosità, chiamata IRAP, che colpisce direttamente il costo del lavoro, trattandolo "come un ricavo") e le grandi spese per oneri sociali e contributivi - in breve il c.d. cuneo fiscale - senza poi contare la giungla normativa (vedi Articolo 18) disincentivano fortemente le nostre imprese ad espandere la propria manodopera, spingendole anzi ad acquistare macchinari moderni, che consentano di supplire con la tecnica alla mancanza di braccia.
La forza lavoro è quindi da considerarsi una variabile costante nel corso degli anni, se non addirittura in diminuzione: ceteris paribus, anche questo dovrebbe influenzare positivamente la produttività, spingendola ad aumentare (meno persone, con attrezzature migliori, fanno il lavoro di più operai).

Se quindi orario di lavoro e numero di dipendenti hanno avuto (probabilmente) un impatto incrementale sulla produttività, la responsabilità del crollo testimoniato dal grafico (e da tanti studi e ricerche) si deve per forza trovare sul fronte dei ricavi.

Detto in altri termini, l'unica spiegazione che la logica (e la matematica) mi permettono di trovare è che, in questi anni, il fatturato dichiarato dalle nostre imprese è calato drasticamente, il che a sua volta posso spiegarlo solo con:
  • la crisi economica che sta mettendo alle corde sempre più il nostro tessuto produttivo;
  • il passaggio "in nero" di una fetta crescente del prodotto nazionale, così che esso sfugga dalle statistiche e faccia diminuire oltremodo il numeratore dell'equazione della produttività.
Non so se le mie conclusioni sono sensate: mi piacerebbe che qualcuno dicesse la sua...

Tojo

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