mercoledì 1 giugno 2011

Amministrative 2011: la rivincita del gazebo sulla "buvette"

Avevo inziato un articolo su queste elezioni, ma poi l'ho cancellato: mi sembrava noioso, scontato e dannatamente inutile (tenendo conto che ci saranno almeno 100 milioni di novelli commentatori e politologi in giro per la Rete). Sono poi andato a rileggermi alcuni miei vecchi posts sul blog Lord Tojo ed ho cambiato idea: lì avevo fatto riflessioni intelligenti, cercherò di replicare anche qui.

Per cominciare, è scontato, ma necessario, ricordare che la tornata elettorale ha un solo grande sconfitto, Silvio Berlusconi.
Ma che noia parlare sempre di Berlusconi, ormai dà la nausea anche scrivere il suo nome: andiamo oltre!


Molte considerazioni sono state fatte, molte delle quali assolutamente condivisibili, tuttavia ce ne sono alcune che hanno peccato della frettolosa superficialità di quelli che vincono una grande battaglia e vorrebbero che anche la guerra fosse già finita.


La prima di queste "analisi viziate" riguarda l'individuazione dei veri vincitori delle elezioni.

Stampa, televisione ed internet hanno magnificato ed incensato Vendola, Di Pietro e (in misura assai minore) Grillo, come leaders delle formazioni politiche che sono uscite visibilmente rafforzate e proiettate ad una sempre maggiore importanza sullo scenario nazionale.
A parte che, in ordine di importanza, l'affermazione più clamorosa resta quella del Movimento 5 Stelle (in quanto esso esiste praticamente solo sulla Rete e non ha praticamente altra forma di diffusione delle sue idee), trovo completamente sbagliato associare le vittorie di Pisapia e De Magistris e le notevoli affermazioni dei "grillini" alle sigle SeL, IdV e M5S.

A ben vedere, la vera vincitrice morale di queste elezioni è la (ancora rudimentale e difettosa quanto vogliamo) democrazia diretta, quella fatta, tra le altre cose, dalle primarie e dalle consultazioni via web.
Mai come in questa tornata le scelte-chiave sulle candidature di sindaci e presidenti di Provincia si è giocata ai gazebo o sul pc, piuttosto che alla buvette della Camera o nei "caminetti" di partito: Pisapia ha vinto inaspettatamente non una, ma due elezioni, sicuramente quella "normale" (contro la Moratti ed il centrodestra), ma anche quella più politicamente "rivoluzionaria", ovvero le primarie di coalizione (in questo caso contro il PD).

Fino ad oggi diversi profeti di sventura (spesso con i baffi di D'Alema o gli occhialetti di Follini) additavano i disastri elettorali di PD e centrosinistra al "perverso" strumento delle primarie, inefficaci perché incapaci di essere realmente rappresentative dell'elettorato e quindi di selezionare validi candidati: la scusa normalmente adottata (anche nel caso della sconfitta di Boeri contro Pisapia alle primarie milanesi) è sempre stata che queste consultazioni sono vinte da chi si mobilita di più e, "tradizionalmente", chi vota PD si mobilita di meno di chi vota Sinistra e Libertà od Italia dei Valori. Poi però chi ha "i voti veri" non sarebbero questi ultimi (ma il PD medesimo).
A parte che affermare che chi vota PD sia poco politicamente impegnato suona un po' ridicolo, tenendo conto che i Democratici hanno ereditato la struttura e la disciplina di partito del vecchio PCI, l'intero ragionamento è stato ampiamente sconfessato in questo giro, dimostrando che era soltanto una foglia di fico per non doversi dire la verità. Ed essa è che:
  • i candidati emersi dalle primarie hanno spesso preso delle "scoppole" non perché erano rappresentativi di "frange estremiste", ma perché quasi mai le primarie sono state veramente "libere", bensì sono state sempre intese come lo strumento plebiscitario e "mediaticamente accattivante" per far confermare dal "popolo bue" le "illuminate" scelte dei "professionisti della politica";
  • quando le primarie sono invece vere e non ci sono "paracadute elettorali" da poter aprire, la competizione diventa troppo "rischiosa" per il PD, o meglio per l'attuale intellighenzia, che vuole poter fare tutte le proprie manovre di potere (specialmente sulle alleanze) nel chiuso di una stanza, ma allo stesso tempo fregiarsi del titolo di "partecipativa", chiedendone l'entusiastica approvazione popolare (preferibilmente con "listone unico" di bulgara memoria).
"Eh sì, America!" Si direbbe dalle mie parti...

Facendola breve, accanto al Grande Perdente Berlusconi, possiamo mettere anche un Piccolo Perdente, ovvero Massimo "professionista della Politica" D'Alema, il Grande Oppositore delle primarie ed il fautore delle "alleanze larghe", nonché Grande Teorico del "centro-sinistra con il 'trattino' ".

Tutto questo è potenzialmente una splendida notizia, sia perché (sul breve periodo) la vittoria elettorale di candidati emersi in contrapposizione alle segreterie può significare una maggiore libertà d'azione (in miglioramento) degli stessi, sia perché può essere il segnale che la gente sta smettendo di credere che la Politica sia "un mestiere" (e che, come tale, debba essere fatto da "professionisti" con esperienza pluri-decennale).

Vedremo...




La seconda grande considerazione che ho sentito/letto e che ho trovato assolutamente sbagliata riguarda il c.d. "vento del Nord" (inteso come diffuso sentimento anti-statalista, autonomista se non secessionista, liberista ed insofferente alla rapace ottusità del Fisco nostrano).
Specialmente su Repubblica e sui quotidiani più orientati a sinistra, sono apparse sciorinate e sbrodolate che, ancora una volta, cercano di dimostrare la solita tesi, per cui non esiste una Questione settentrionale e che il voto di ieri è la dimostrazione che la situazione è tornata "alla normalità": come se "normale" fosse solo avere giunte di centrosinistra...

E' tanto vero che il malumore settentrionale è sopito (o peggio, mai esistito) che un recentissimo sondaggio (fatto praticamente in contemporanea con questa campagna elettorale) della sempre ottima GPG di Scenari Politici mostra come non solo l'autonomia fiscale sia ampiamente richiesta da tutto il Nord Italia, ma addirittura la secessione è ritenuta auspicabile dalla maggioranza degli elettori del Triveneto e da una fortissima minoranza (che fiora il 50%) in Lombardia.

A ben vedere, quindi, il voto non è stata una protesta contro le idee (a suo tempo) propugnate da Lega Nord e (in misura molto minore) da Forza Italia e PdL, bensì una sonora critica verso la pressoché mancanza totale di applicazione pratica di quei propositi: non è un caso che la linea-guida da dove l'ammaccata armata berlusconiana vuole ripartire è la ormai mitica (come Avalon) Riforma del Fisco.

Ma ripartire non sarà per niente facile, e non solo perché è sacrosanto non aspettarsi nulla di buono da coloro che non sono riusciti a cavare il famoso ragno dal buco in quasi 20 anni, ma anche (e soprattutto) poiché durante questo lungo periodo la situazione si è gravemente deteriorata: in sintesi, ciò che sarebbe andato bene 15 anni fà (e non è stato fatto), oggi non basterebbe (e comunque dubito si riuscirà a fare) e certi avvenimenti (per altro sempre più frequenti) fan capire quanto tesa sia la corda.


Concludendo, l'impressione generale che ho avuto io è che sia in atto un diffuso, per quanto probabilmente incosciente ed incoerente, desiderio di "affrancamento" dalla politica tradizionale, almeno così come la abbiamo (spiacevolmente) conosciuta in Italia.

Avrei voluto terminare con qualche bella frase ad effetto o pensiero particolarmente profetico e/o intelligente, ma evidentemente non è la serata migliore per i colpi di genio, per cui non mi resta che chiudere qui (e forse ho "allungato il brodo" già anche fin troppo).


Tojo