Visto che la cosa mi ha messo di buon umore, ho pensato di azzardare ancora un po' e provare a metter giù due righe (eufemismo: in realtà sono parecchio di più), scrivendo una lettera che proverò ad inviare a quotidiani, riviste e blogs finanziari italiani: chissà che, sempre che venga pubblicata, non ne sortisca un positivo dibattito su come diminuire il nostro Debito pubblico, senza usare il solito repertorio tributario-vessatorio.
Di seguito riporto la lettera (dove ho cercato anche di essere più preciso e dettagliato sugli aspetti "tecnici" dell'operazione): buona lettura! ;-)
Piacenza
5 novembre 2011
Egregio Direttore,
sono un ventiquattrenne laureando in Finanza aziendale, con la passione per la Macroeconomia ed il bilancio delle Amministrazioni pubbliche, e sono preoccupato per il rapido deteriorarsi dei conti dello Stato.
Non appartengo alla categoria dei disfattisti ad ogni costo e, avendo studiato materie finanziarie, riconosco che, sicuramente, una parte dell’attuale situazione italiana dipende da un problema di fiducia (visto che i conti pubblici non sono così terrificanti ed il nostro debito, proporzionalmente, non è certo peggiore di quello di 20, 10 o 5 anni fa): ad ogni modo, prescindendo da cause e motivazioni, un problema ormai c’è e va affrontato.
Piaccia o no – e personalmente sono tra quelli cui piace – il mercato e l’economia vogliono maggiori sicurezze sul nostro conto: il che, tradotto, significa un impegno visibile per un (ulteriore) miglioramento delle nostre finanze pubbliche.
Di questo si sta rendendo conto (di malavoglia) anche la classe politica, la quale sembra avere come unica proposta un intervento sul fronte delle entrate: maggiore imposizione, minore incentivazione o (spauracchio supremo) una Tassa Patrimoniale.
Superfluo dire che sono assolutamente contrario all’idea di un incremento delle imposte, tanto più se si dovesse realizzare sotto forma del tributo più ingiusto ed odioso, ovvero la Patrimoniale: vivo però anche nel mondo reale e, per quanto scritto sopra, so che sono necessari soldi – adesso! – e che è finito il tempo delle “soluzioni a costo zero”. Si può però ancora scegliere “di che morte morire”.
Ecco quindi la mia modesta proposta, emersa da un avvincente dibattito sul popolare social network Facebook, e che mi piacerebbe condividere con i lettori del Suo giornale: chissà che non sia preso come spunto da qualcuno “molto in alto”!
Da un lato sappiamo che lo Stato ha bisogno di denaro e proverà a prenderlo dove e come può, dall’altro abbiamo tutti il malcelato sospetto che ogni “manovra” ingoi i nostri soldi come un buco nero: insomma, mancano garanzie su come verranno utilizzate le risorse finanziarie che noi, volenti o nolenti, diamo e daremo all’Amministrazione pubblica.
Il senso della mia idea è quindi il seguente: invece di imporre un nuovo odioso tributo, lo Stato faccia un patto con i propri cittadini, una sorta di “prestito d’onore” con vincolo di destinazione delle risorse così raccolte e garanzie reali sulla restituzione e remunerazione delle stesse. Esattamente come se noi cittadini fossimo una banca ed erogassimo un mutuo al Governo.
Dal punto di vista tecnico-finanziario, il credito (che potremmo chiamare Prestito di Salvezza Nazionale) dovrebbe essere emesso dal Tesoro italiano, sotto forma di obbligazioni che, volontariamente – sottolineo “volontariamente”! – noi cittadini acquisteremmo.
Queste obbligazioni dovrebbero avere inoltre le seguenti caratteristiche:
rimborso di quota capitale ed interessi in un’unica soluzione a scadenza (esattamente come un BOT, con il vantaggio di non caricare le Finanze Pubbliche di ulteriori oneri finanziari periodici);
garanzia reale su montante ed interessi, rappresentata da Beni Pubblici Disponibili (che recenti stime del Tesoro valorizzano in 700 miliardi di euro);
conseguentemente, opzione di rimborso del Prestito o sotto forma di contante o sotto forma di quota parte dei Beni Pubblici Disponibili dati a garanzia (opportunamente conferiti in un fondo chiuso, con tante quote quanti saranno i titoli del Prestito di Salvezza Nazionale);
vincolo di destinazione delle risorse finanziarie così raccolte, con finalità esclusiva – ribadisco, esclusiva! – di riduzione dello stock di Debito pubblico, ad esempio tramite creazione di uno SPV (Special Purpose Vehicle), che da un lato si finanzi mediante la raccolta del Prestito, dall’altro si accolli una quota identica di BOT, CCT, CTZ e BTP.
Nel gergo economico-finanziario, quest’operazione sarebbe una via di mezzo tra uno swap tra Debito pubblico junior (non garantito, quello attuale) e senior (garantito, quello del Prestito) ed un ABS (Asset-backed security, strumento obbligazionario garantito da attività sottostanti). I vantaggi ritengo potrebbero essere molti, tra cui:
riduzione della mole di titoli di Stato da dover rinnovare a scadenza (con conseguenti problemi di aumento dei rendimenti richiesti), grazie alla loro estinzione definitiva tramite liquidità da Prestito Nazionale;
miglioramento della fiducia verso l’Italia, con probabile riduzione dei tassi d’interesse, sia sul mercato secondario che su quello primario (ovvero possibilità di rifinanziare il Debito pubblico restante a condizioni più vantaggiose);
avvio di un vero piano di valorizzazione e privatizzazione dei Beni Pubblici (grazie all’opzione di pagamento del Prestito con quote degli stessi), con il vantaggio che essi rimarrebbero in mani italiane;
trasformazione del pericolo di una nuova tassa in un’allettante opportunità d’investimento “sicuro” per noi cittadini;
smobilizzo di una grande quantità di risorse statali oggi per lo più improduttive, con beneficio del nostro asfittico mercato finanziario;
infine, possibile aumento del gettito fiscale per lo Stato, grazie alla tassazione di tutti i capital gains che sarebbero fatti dai sottoscrittori del Prestito Nazionale, al momento del suo rimborso da parte del Tesoro.
Sono consapevole che molto probabilmente ho semplificato troppo le cose, sottovalutando rischi e problemi di un’operazione del genere, ma proprio per questo spererei che si ingenerasse un bel dibattito sulle soluzioni alternative ad un “classico” ed assai poco gradevole nuovo aumento dell’imposizione fiscale.
Tojo